Business development, ecco come i leader hanno cambiato marcia
Nuovi prodotti, nuovi processi, nuovi mercati o nuovi modelli distributivi non rappresentano, per ogni azienda, solo una scommessa sul futuro, ma costituiscono sempre di più la condizione necessaria per sopravvivere anche nell’immediato. Lo sviluppo esponenziale della tecnologia ha dilatato, per le aziende di ogni settore, numerosità e complessità delle opportunità da valutare. Tutto ciò ha portato le aziende leader globali a sviluppare modelli end-to-end per la gestione efficace e strutturata delle attività di Business Development. Ecco cosa si può imparare dalla loro esperienza. Una nuova sfida è stata lanciata alle aziende di tutto il mondo. Le più grandi, quelle di maggiore successo, le aziende cosiddette globali, hanno già accettato questa sfida e la stanno giocando con armi più o meno sofisticate. Le altre, di dimensioni minori, e che magari operano su teatri competitivi più limitati, forse ne intuiscono l’arrivo, ma presto dovranno riconoscerne la presenza.
Negli ultimi dieci anni abbiamo assistito al crollo dei costi di elaborazione, trasmissione e immagazzinamento delle informazioni unito allo sviluppo di algoritmi sempre più efficaci per il trattamento e la compressione dei dati. Tali circostanze hanno stravolto il modo con cui tutti noi viviamo e lavoriamo, con cambiamenti in tutti i settori e con una rapidità ed una profondità paragonabile solo a quanto avvenuto in tutta la precedente storia dell’umanità. Ci sono volute diverse migliaia di anni perché l’uomo fosse capace di comunicare brevi messaggi in tempo reale, è infatti nei primi ‘800 lo sviluppo della rete telegrafica con l’alfabeto Morse. Circa cento anni sono stati poi necessari per arrivare a trasmettere voce e immagini in movimento con la televisione, mentre solo cinquant’anni dopo, negli anni ‘70 nascevano Internet e la telefonia cellulare che in trent’anni diventavano il sistema universale di comunicazione. In meno di dieci anni poi telefonia cellulare e Internet hanno acquistato una potenza ed una precisione tale da consentire una comunicazione multimediale di alta qualità pressoché ovunque e su ogni supporto. Oggi smartphone, tablet, cloud, big data, NFC, nuovi materiali, biotecnologie, nanotecnologie, solo per citare i fenomeni più evidenti e diffusi, mese dopo mese consentono lo sviluppo, in ogni settore industriale, di nuovi prodotti e nuovi servizi, di processi organizzativi e produttivi radicalmente nuovi, di nuove strutture distributive, in una parola di modelli di business innovativi e solo qualche anno fa impensabili.
È quindi l’innovazione la sfida di cui stiamo parlando? Non esattamente e non solo. L’innovazione è connaturata con l’uomo ed è sempre stata una delle sfide che ogni azienda si è sempre trovata a dover sostenere. È più correttamente il governo efficace, strutturato e integrato nei processi gestionali, in breve end-to-end, di un numero enorme di opportunità di business, di nuovi paradigmi, di nuovi processi, di nuovi mercati, di nuove partnership, che oggi si presentano al management aziendale in un numero talmente elevato da non consentirne più una gestione “a mano” e intuitiva come avveniva in passato quando queste opzioni erano poche, chiare e cadenzate nel tempo. È questa in realtà la sfida lanciata dalla tecnologia a tutte le aziende, e di cui parliamo in questo articolo
Il vantaggio competitivo oggi
In tutto il mondo occidentale le aziende di ogni dimensione si trovano oggi a dover fronteggiare durissime sfide competitive, sfide che ne condizioneranno la sopravvivenza nei prossimi anni. Il ridisegno dei confini, sia in termini geografici, sia tecnologici, delle arene concorrenziali è sicuramente la prima sfida e forse la più impegnativa. Il cambiamento radicale dei processi di acquisto dei clienti, che utilizzano in maniera integrata sia la dimensione fisica sia la dimensione virtuale e pervasiva consentita da Internet e dai dispositivi mobili, incrementando progressivamente la propria forza contrattuale, è sicuramente la seconda, non meno difficile, sfida.
D’altra parte, oggi come ieri, le aziende riescono a disporre di un vantaggio competitivo solo in due casi:
In definitiva, per la gran parte delle aziende, un’efficace e strutturata attività di business development non rappresenta più una sorta di scommessa sul lontano futuro ovvero un investimento per prosperare nei decenni a venire, ma costituisce una condizione necessaria per sopravvivere anche nell’immediato. Se accettiamo che tale concetto sia valido dobbiamo necessariamente porre attenzione alle dirette conseguenze che ne derivano sul piano operativo.
Il tema fondamentale sta nel fatto che oggi un’efficace attività end-to-end di business development deve dare luogo necessariamente e con continuità, ad un numero molto più elevato che in passato di innovazioni di successo, di prodotto, di processo, e di mercato. Ciò significa che oggi l’attività di business development deve rispondere ad almeno sette condizioni necessarie.
La terza rivoluzione
Negli ultimi trent’anni le aziende di tutto il mondo sono state chiamate a sostenere due grandi cambiamenti nei propri processi organizzativi e gestionali.
Il primo di questi cambiamenti, che possiamo posizionare fra gli anni ’80 e gli anni ’90 è stato imposto dal rapido incremento del tenore concorrenziale, pressoché in ogni settore, industriale e di consumo, causato essenzialmente della progressiva globalizzazione dei mercati. Ne è derivata, come diretta conseguenza, una forte necessità di razionalizzare e standardizzare i processi gestionali interni, dagli acquisti alla fatturazione ed alla gestione formale dei rapporti con la clientela. Si sono allora introdotti in maniera generalizzata i cosiddetti ERP, acronimo relativo ai sistemi di Enterprise Resource Planning, che hanno ridisegnato integralmente lo scenario organizzativo interno della grande maggioranza delle aziende. Possiamo quindi dire che questa prima rivoluzione ha interessato l’orizzonte interno alle aziende, con una ben precisa progressione, prima le top e le grandi, poi le medie e, in ultimo, le PMI.
Il secondo cambiamento si colloca a cavallo degli anni ’90 e il primo decennio degli anni 2000. Questo cambiamento riguarda il perimetro immediatamente esterno all’azienda, ovvero quello costituito dalle relazioni con i clienti e i cosiddetti prospect. In questo caso possiamo dire che si è trattato di una rivoluzione lenta, ma che anche in questo caso ha cambiato in maniera radicale molti processi organizzativi. In questo caso i driver di cambiamento sono stati essenzialmente due. Il primo driver si può riconoscere nella progressiva dilatazione e articolazione dei profili d’offerta in risposta alla domanda di differenziazione e personalizzazione proveniente dal mercato. Il secondo driver, probabilmente più difficile da riconoscere, è riconducibile alla sempre maggiore accessibilità, in termini di costo e in termini di semplicità d’uso, di modelli e strumenti di profilatura e caratterizzazione statistica della base clienti, in grado di descrivere accuratamente, e in alcuni casi anche di anticipare, comportamenti ed attitudini di acquisto persino a livello di singolo cliente. Anche in questo caso, prima le grandi aziende, e via via quelle di dimensioni inferiori, hanno introdotto modelli, processi e sistemi di CRM, o Customer Relationship Management, prima di tipo descrittivo e poi di tipo analitico.
La terza rivoluzione è già in atto nelle grandi aziende. I nomi già citati, come Procter & Gamble, Bombardier, Deutsche Post o Porsche, solo per sceglierne alcuni, hanno già intrapreso questa strada. E se il primo cambiamento riguardava l’azienda al suo interno e il secondo l’immediato ambiente esterno, ovvero la base clienti, questo terzo cambiamento attiene all’intero ecosistema aziendale: l’azienda, i clienti, i fornitori e tutti quei soggetti che a titolo diverso possono essere connotati da un rapporto di partnership, con l’obiettivo di disporre di un sistema strutturato end-to-end per la gestione delle opportunità di business development e innovazione. Si tratta di modelli, processi e sistemi che potremo chiamare di Business Development Management, BDM in acronimo, e in questo caso è la crescita repentina della numerosità, della complessità e della rapidità di tali processi la causa principale dell’emergere di tali sistemi. Possiamo quindi affermare che sono sostanzialmente tre più uno i driver che stanno portando le grandi aziende a considerare ed adottare modelli, processi e sistemi di BDM.
Il primo driver, come abbiamo visto, è rappresentato dalla numerosità, ovvero dalla grande quantità di nuove opportunità di business derivanti dai cambiamenti tecnologici in atto che ogni azienda si trova a dover valutare per mantenere i propri vantaggi competitivi. Mobilità, cloud, big data, NFC, nuovi materiali, biotecnologie, nanotecnologie, sono altrettante fonti di opportunità per nuovi prodotti, nuovi processi o nuovi mercati, ma costituiscono anche rischi di dispersione di risorse e minacce competitive se le opportunità migliori vengono riconosciute e colte prima dai competitors. Si stima che gruppi ad elevata tecnologia come Bombardier, Thales o Finmeccanica, possano trovarsi a dover valutare fino a 5.000 nuove opportunità di business ogni anno, farne la due diligence su 500 per lanciarne da 10 a 50. Ma una media azienda a buon contenuto tecnologico può comunque dover trattare ogni anno diverse centinaia di opportunità di innovazione. Naturalmente, come abbiamo visto, solo un 10% sarà meritevole di attenzione e solo due o tre opportunità su cento verranno tradotte in realtà.
Il secondo driver, strettamente connesso con la numerosità, è rappresentato dalla complessità, ovvero la necessità che le grandi aziende percepiscono sempre più pressante di coinvolgere partner esterni in tutte le fasi del business development, dallo scouting, alla prototipazione, al collaudo, alla realizzazione ed alla commercializzazione. Sia con joint-ventures, sia con accordi di licenza di vario tipo fino ad acquisizioni vere e proprie. Molte grandi e medie aziende hanno realizzato che le opportunità di nuovi business possono essere colte più velocemente e più economicamente tramite partnership e nessuna azienda è grado di gestire “a mano” e senza un sistema di coordinamento, monitoraggio e reporting adeguato né migliaia né centinaia di opportunità di partnership.
Il terzo driver è la rapidità. Caratteristica questa che si rende necessaria per evitare che l’opportunità vincente venga colta prima dai competitor con effetti negativi sulla posizione competitiva aziendale nel settore. Tutto ciò significa ovviamente rapidità nello scouting delle idee, rapidità nella valutazione e nell’identificazione delle opportunità da perseguire e di quelle da scartare, rapidità nella gestione dei progetti realizzativi e nel raggiungimento dei primi risultati commerciali.
Il quarto driver, tutto interno, è rappresentato dalla domanda di monitoraggio, accountabilty e reporting che il management aziendale sviluppa nei confronti dei processi di business development, man mano che questi diventano più numerosi, complessi e rapidi. Un’efficace sistema di reporting oltre a permettere al management una migliore capacità di guida e intervento, rappresenta un importante leva di comunicazione verso la comunità finanziaria sulle capacità di innovazione e sviluppo dell’azienda.
Business Development Management
Aquesto punto andiamo nel concreto e vediamo come può essere effettivamente realizzato in azienda un modello end-to-end di Business Development Management.
Possiamo dire che un modello di questo tipo può essere articolato in cinque moduli in grado di partire dalle Aree Strategiche di Innovazione (ASI), nelle quali il management aziendale individua le priorità di azione in tema di business development, per arrivare a disporre di progetti di business development realizzati ed economicamente produttivi.
Negli ultimi dieci anni abbiamo assistito al crollo dei costi di elaborazione, trasmissione e immagazzinamento delle informazioni unito allo sviluppo di algoritmi sempre più efficaci per il trattamento e la compressione dei dati. Tali circostanze hanno stravolto il modo con cui tutti noi viviamo e lavoriamo, con cambiamenti in tutti i settori e con una rapidità ed una profondità paragonabile solo a quanto avvenuto in tutta la precedente storia dell’umanità. Ci sono volute diverse migliaia di anni perché l’uomo fosse capace di comunicare brevi messaggi in tempo reale, è infatti nei primi ‘800 lo sviluppo della rete telegrafica con l’alfabeto Morse. Circa cento anni sono stati poi necessari per arrivare a trasmettere voce e immagini in movimento con la televisione, mentre solo cinquant’anni dopo, negli anni ‘70 nascevano Internet e la telefonia cellulare che in trent’anni diventavano il sistema universale di comunicazione. In meno di dieci anni poi telefonia cellulare e Internet hanno acquistato una potenza ed una precisione tale da consentire una comunicazione multimediale di alta qualità pressoché ovunque e su ogni supporto. Oggi smartphone, tablet, cloud, big data, NFC, nuovi materiali, biotecnologie, nanotecnologie, solo per citare i fenomeni più evidenti e diffusi, mese dopo mese consentono lo sviluppo, in ogni settore industriale, di nuovi prodotti e nuovi servizi, di processi organizzativi e produttivi radicalmente nuovi, di nuove strutture distributive, in una parola di modelli di business innovativi e solo qualche anno fa impensabili.
È quindi l’innovazione la sfida di cui stiamo parlando? Non esattamente e non solo. L’innovazione è connaturata con l’uomo ed è sempre stata una delle sfide che ogni azienda si è sempre trovata a dover sostenere. È più correttamente il governo efficace, strutturato e integrato nei processi gestionali, in breve end-to-end, di un numero enorme di opportunità di business, di nuovi paradigmi, di nuovi processi, di nuovi mercati, di nuove partnership, che oggi si presentano al management aziendale in un numero talmente elevato da non consentirne più una gestione “a mano” e intuitiva come avveniva in passato quando queste opzioni erano poche, chiare e cadenzate nel tempo. È questa in realtà la sfida lanciata dalla tecnologia a tutte le aziende, e di cui parliamo in questo articolo
Il vantaggio competitivo oggi
In tutto il mondo occidentale le aziende di ogni dimensione si trovano oggi a dover fronteggiare durissime sfide competitive, sfide che ne condizioneranno la sopravvivenza nei prossimi anni. Il ridisegno dei confini, sia in termini geografici, sia tecnologici, delle arene concorrenziali è sicuramente la prima sfida e forse la più impegnativa. Il cambiamento radicale dei processi di acquisto dei clienti, che utilizzano in maniera integrata sia la dimensione fisica sia la dimensione virtuale e pervasiva consentita da Internet e dai dispositivi mobili, incrementando progressivamente la propria forza contrattuale, è sicuramente la seconda, non meno difficile, sfida.
D’altra parte, oggi come ieri, le aziende riescono a disporre di un vantaggio competitivo solo in due casi:
- Se sono in grado di produrre e vendere prodotti e servizi sensibilmente migliori di quelli della concorrenza ad un prezzo coerente
- Se sono in grado di produrre e vendere prodotti e servizi allineati a quelli della concorrenza ad un prezzo sensibilmente inferiore
In definitiva, per la gran parte delle aziende, un’efficace e strutturata attività di business development non rappresenta più una sorta di scommessa sul lontano futuro ovvero un investimento per prosperare nei decenni a venire, ma costituisce una condizione necessaria per sopravvivere anche nell’immediato. Se accettiamo che tale concetto sia valido dobbiamo necessariamente porre attenzione alle dirette conseguenze che ne derivano sul piano operativo.
Il tema fondamentale sta nel fatto che oggi un’efficace attività end-to-end di business development deve dare luogo necessariamente e con continuità, ad un numero molto più elevato che in passato di innovazioni di successo, di prodotto, di processo, e di mercato. Ciò significa che oggi l’attività di business development deve rispondere ad almeno sette condizioni necessarie.
- Abbondanza di opportunità. L’esperienza di grandi aziende ad elevato tasso di innovazione, parliamo di realtà come Procter & Gamble, Porsche o Bombardier, mostra con evidenza quasi statistica un tasso di successo delle opportunità di business poste all’attenzione aziendale, che varia fra lo 0,2% e l’1%. Ciò significa che un’azienda la quale, poniamo, voglia realizzare cinque progetti innovativi di successo ogni anno, deve disporre, sempre ogni anno, di opportunità di business da valutare in numero variabile fra 500 e 2500. In altre parole, per conservare il proprio vantaggio competitivo, un’azienda non può pescare nel mare delle opportunità con la fiocina, ma deve usare una grande rete a maglie strette per poi procedere in maniera rapida, economica ed efficace, alla selezione delle prede migliori e maggiormente promettenti.
- Coerenza strategica. Prendere in considerazione, anche solo per scartarle, opportunità di business in numero così elevato comporta necessariamente un enorme rischio di defocalizzazione, prima ancora che di dispersione di risorse. È quindi necessario disporre prima di ogni altra cosa, di una solida intelaiatura strategica nella quale calare le attività di generazione, screening e realizzazione delle opportunità. Solo in questo modo è infatti possibile indirizzare correttamente le attività di scouting e disporre di valutazioni allineate con le sfide con cui l’azienda ha deciso di confrontarsi.
- Commitment multifunzionale. Se il coordinamento delle attività di business development può essere affidato ad una singola funzione aziendale, il processo di scouting, valutazione e realizzazione deve necessariamente vedere il coinvolgimento ed il commitment di tutte le funzioni aziendali. E ciò essenzialmente per due motivi. Il primo è che tutte le opportunità di business, anche le più semplici e quelle apparentemente monofunzionali hanno comunque impatti più o meno intensi anche sulle altre funzioni. Non esiste un idea per un nuovo prodotto, o anche solo per l’upgrade di un modello esistente, che oltre ad interessare la produzione non abbia anche impatti sul marketing, sulle vendite o sul customer care. Il secondo motivo riguarda la realizzazione. Un nuovo progetto deve essere condiviso in maniera convinta da chi dovrà realizzarlo e da chi potrebbe ostacolarlo, solo così potrà arrivare al successo.
- Incentivazione mirata. Un’interessante ricerca di Gallup dimostra come il coinvolgimento dei collaboratori porti ad una maggiore capacità di innovazione dell’azienda, ma è molto difficile ottenere un commitment diffuso senza un adeguato modello di incentivazione. Per essere efficace tuttavia il sistema di incentivazione che deve accompagnare l’attività interfunzionale di business development deve essere sufficientemente attrattivo da motivare nella misura corretta le risorse coinvolte a diverso titolo nel processo, ma allo stesso tempo non deve risultare tale da distrarre le risorse stesse dalla loro normale attività.
- Processo efficiente. Un processo che tratta un numero rilevante di opportunità a differenti stadi di sviluppo e che coinvolge a diversi livelli tutta l’azienda ed anche soggetti esterni, deve necessariamente essere molto efficiente. Ciò significa che deve costare poco in termini di tempo ed attenzione, sia in fase di apprendimento sia in fase di partecipazione. Deve essere facile da capire, facile da percorrere, deve basarsi sul buon senso e deve essere economico.
- Rete di partnership. Le caratteristiche del processo che abbiamo tratteggiato portano alla necessità di coinvolgere a diverso titolo e nelle diverse fasi tutto l’ecosistema aziendale fatto di clienti, fornitori, consulenti e partner. Se infatti sarà il management aziendale a fissare i binari strategici nei quali l’attività di business development dovrà svolgersi, idee per opportunità innovative potranno positivamente provenire, in modalità diverse, da panel di clienti, da fornitori, da esperti esterni del settore o di settori contigui. E l’azienda potrà valutare se acquisire tali idee allo stadio iniziale o, come sempre più spesso accade, potrà orientarsi verso la realizzazione di partnership che permettano all’azienda di accedere ai benefici dell’opportunità già realizzata e pronta per il mercato, riducendo così rischi di defocalizzazione, e costi generali di progetto e prototipazione.
- Controllo e reporting. Da ultimo è evidente che un processo di gestione end-to-end delle opportunità di innovazione, articolato e strutturato può e deve essere accompagnato da un sistema di reporting e controllo altrettanto dettagliato. Ciò da un lato consente al management di disporre di un quadro aggiornato delle diverse opportunità, da quelle in fase di semplice idea a quelle in fase di realizzazione operativa. D’altro lato un sistema di reporting flessibile e ben congegnato è sicuramente in grado di produrre le evidenze necessarie a convincere analisti e comunità finanziaria della capacità innovativa e di business development dell’azienda. Condizione quest’ultima necessaria ad una sostenibilità nel tempo dei vantaggi competitivi e, in ultima analisi dei risultati di bilancio.
La terza rivoluzione
Negli ultimi trent’anni le aziende di tutto il mondo sono state chiamate a sostenere due grandi cambiamenti nei propri processi organizzativi e gestionali.
Il primo di questi cambiamenti, che possiamo posizionare fra gli anni ’80 e gli anni ’90 è stato imposto dal rapido incremento del tenore concorrenziale, pressoché in ogni settore, industriale e di consumo, causato essenzialmente della progressiva globalizzazione dei mercati. Ne è derivata, come diretta conseguenza, una forte necessità di razionalizzare e standardizzare i processi gestionali interni, dagli acquisti alla fatturazione ed alla gestione formale dei rapporti con la clientela. Si sono allora introdotti in maniera generalizzata i cosiddetti ERP, acronimo relativo ai sistemi di Enterprise Resource Planning, che hanno ridisegnato integralmente lo scenario organizzativo interno della grande maggioranza delle aziende. Possiamo quindi dire che questa prima rivoluzione ha interessato l’orizzonte interno alle aziende, con una ben precisa progressione, prima le top e le grandi, poi le medie e, in ultimo, le PMI.
Il secondo cambiamento si colloca a cavallo degli anni ’90 e il primo decennio degli anni 2000. Questo cambiamento riguarda il perimetro immediatamente esterno all’azienda, ovvero quello costituito dalle relazioni con i clienti e i cosiddetti prospect. In questo caso possiamo dire che si è trattato di una rivoluzione lenta, ma che anche in questo caso ha cambiato in maniera radicale molti processi organizzativi. In questo caso i driver di cambiamento sono stati essenzialmente due. Il primo driver si può riconoscere nella progressiva dilatazione e articolazione dei profili d’offerta in risposta alla domanda di differenziazione e personalizzazione proveniente dal mercato. Il secondo driver, probabilmente più difficile da riconoscere, è riconducibile alla sempre maggiore accessibilità, in termini di costo e in termini di semplicità d’uso, di modelli e strumenti di profilatura e caratterizzazione statistica della base clienti, in grado di descrivere accuratamente, e in alcuni casi anche di anticipare, comportamenti ed attitudini di acquisto persino a livello di singolo cliente. Anche in questo caso, prima le grandi aziende, e via via quelle di dimensioni inferiori, hanno introdotto modelli, processi e sistemi di CRM, o Customer Relationship Management, prima di tipo descrittivo e poi di tipo analitico.
La terza rivoluzione è già in atto nelle grandi aziende. I nomi già citati, come Procter & Gamble, Bombardier, Deutsche Post o Porsche, solo per sceglierne alcuni, hanno già intrapreso questa strada. E se il primo cambiamento riguardava l’azienda al suo interno e il secondo l’immediato ambiente esterno, ovvero la base clienti, questo terzo cambiamento attiene all’intero ecosistema aziendale: l’azienda, i clienti, i fornitori e tutti quei soggetti che a titolo diverso possono essere connotati da un rapporto di partnership, con l’obiettivo di disporre di un sistema strutturato end-to-end per la gestione delle opportunità di business development e innovazione. Si tratta di modelli, processi e sistemi che potremo chiamare di Business Development Management, BDM in acronimo, e in questo caso è la crescita repentina della numerosità, della complessità e della rapidità di tali processi la causa principale dell’emergere di tali sistemi. Possiamo quindi affermare che sono sostanzialmente tre più uno i driver che stanno portando le grandi aziende a considerare ed adottare modelli, processi e sistemi di BDM.
Il primo driver, come abbiamo visto, è rappresentato dalla numerosità, ovvero dalla grande quantità di nuove opportunità di business derivanti dai cambiamenti tecnologici in atto che ogni azienda si trova a dover valutare per mantenere i propri vantaggi competitivi. Mobilità, cloud, big data, NFC, nuovi materiali, biotecnologie, nanotecnologie, sono altrettante fonti di opportunità per nuovi prodotti, nuovi processi o nuovi mercati, ma costituiscono anche rischi di dispersione di risorse e minacce competitive se le opportunità migliori vengono riconosciute e colte prima dai competitors. Si stima che gruppi ad elevata tecnologia come Bombardier, Thales o Finmeccanica, possano trovarsi a dover valutare fino a 5.000 nuove opportunità di business ogni anno, farne la due diligence su 500 per lanciarne da 10 a 50. Ma una media azienda a buon contenuto tecnologico può comunque dover trattare ogni anno diverse centinaia di opportunità di innovazione. Naturalmente, come abbiamo visto, solo un 10% sarà meritevole di attenzione e solo due o tre opportunità su cento verranno tradotte in realtà.
Il secondo driver, strettamente connesso con la numerosità, è rappresentato dalla complessità, ovvero la necessità che le grandi aziende percepiscono sempre più pressante di coinvolgere partner esterni in tutte le fasi del business development, dallo scouting, alla prototipazione, al collaudo, alla realizzazione ed alla commercializzazione. Sia con joint-ventures, sia con accordi di licenza di vario tipo fino ad acquisizioni vere e proprie. Molte grandi e medie aziende hanno realizzato che le opportunità di nuovi business possono essere colte più velocemente e più economicamente tramite partnership e nessuna azienda è grado di gestire “a mano” e senza un sistema di coordinamento, monitoraggio e reporting adeguato né migliaia né centinaia di opportunità di partnership.
Il terzo driver è la rapidità. Caratteristica questa che si rende necessaria per evitare che l’opportunità vincente venga colta prima dai competitor con effetti negativi sulla posizione competitiva aziendale nel settore. Tutto ciò significa ovviamente rapidità nello scouting delle idee, rapidità nella valutazione e nell’identificazione delle opportunità da perseguire e di quelle da scartare, rapidità nella gestione dei progetti realizzativi e nel raggiungimento dei primi risultati commerciali.
Il quarto driver, tutto interno, è rappresentato dalla domanda di monitoraggio, accountabilty e reporting che il management aziendale sviluppa nei confronti dei processi di business development, man mano che questi diventano più numerosi, complessi e rapidi. Un’efficace sistema di reporting oltre a permettere al management una migliore capacità di guida e intervento, rappresenta un importante leva di comunicazione verso la comunità finanziaria sulle capacità di innovazione e sviluppo dell’azienda.
Business Development Management
Aquesto punto andiamo nel concreto e vediamo come può essere effettivamente realizzato in azienda un modello end-to-end di Business Development Management.
Possiamo dire che un modello di questo tipo può essere articolato in cinque moduli in grado di partire dalle Aree Strategiche di Innovazione (ASI), nelle quali il management aziendale individua le priorità di azione in tema di business development, per arrivare a disporre di progetti di business development realizzati ed economicamente produttivi.
- Modulo di Challenge. Questo primo modulo del processo end-to-end di BDM è tipicamente di competenza del management aziendale ed ha come obiettivo la definizione delle le Aree Strategiche di Innovazione, così come le abbiamo viste, ma deve anche definire e organizzare quelle che possiamo chiamare Campagne, delle vere e proprie sfide, ovvero gli argomenti, all’interno delle aree di innovazione, nell’ambito dei quali l’azienda intende individuare, definire e, ove possibile, concretizzare specifiche opportunità per nuovo business. Le Aree Strategiche di Innovazione definiscono quindi obiettivi aziendali di lungo temine. Le Campagne, viceversa rappresentano le griglie nelle quali vengono ricercate idee innovative di business con un chiaro focus e con altrettanto chiari obiettivi di risultato. Per ogni campagna viene nominato uno Sponsor che svolge una funzione di guida e indirizzo, un Manager che la gestisce e che ha l’obiettivo di raccogliere quante più idee possibile e un Team di esperti che valuta le idee e fa avanzare solo quelle maggiormente meritevoli di considerazione.
Per fare un esempio concreto, una casa automobilistica può avere fra le ASI (vedi figura) il comfort a bordo, l’auto connessa, i guidatori anziani, i mercati emergenti. Nell’ambito dell’ASI comfort a bordo una campagna può essere quella di ricercare nuove opportunità per migliorare l’affaticamento notturno alla guida. - Modulo di scouting. La raccolta delle idee per nuove opportunità passa per la creazione e la gestione di diverse comunità, sia interne, sia esterne all’azienda, caratterizzate da differenti livelli di coinvolgimento e, naturalmente, di disclosure. Alle Campagne possono essere chiamati a contribuire con idee innovative, in differenti modalità, clienti, sia indistintamente sia organizzati in panel, esperti, fornitori e consulenti. L’ampiezza, le caratteristiche e le modalità di interazione di queste comunità vengono definita in fase di disegno del processo del sistema di BDM. E sempre in fase di disegno vengono definiti gli strumenti di coinvolgimento e motivazione dei componenti le diverse comunità.
Hype, società tedesca che ha sviluppato un’infrastruttura software di innovation management estremamente valida e completa, adotta un sistema di graduation e reputation che si è rivelato molto efficace nel far emergere i componenti maggiormente creativi nell’ambito delle diverse comunità. Lo strumento operativo per la gestione di queste community è un portale (vedi figure) cui è possibile accedere tramite browser o app per tablet e smartphone. In questo modo, per fare un esempio, un esperto indiano di sistemi di connettività, mentre su di un autobus va al lavoro dalla periferia ad uno dei centri direzionale di Mumbay, può decidere di sottoporre ad una casa automobilistica tedesca una sua idea innovativa per rendere più economiche e tempestive le informazioni sul traffico che compaiono sul display del guidatore e vedere, prima ancora di scendere dall’autobus, la sua idea rapidamente classificata come hot dalla community o dal Challenge Team. - Modulo di valutazione. Questo modulo gestisce in maniera automatica, facile ed efficiente il processo che porta alla selezione da parte del team e delle community stessa delle idee migliori, fra quelle classificate come hot (vedi figura). Tali idee vengono quindi promosse a Concept ed ai loro promotori viene richiesto di preparare il business case necessario al successivo processo di valutazione vera e propria. La piattaforma Hype gestisce e supporta in maniera efficiente anche la preparazione del business case. Nell’ambito del modulo di valutazione può essere attivato un modulo addizionale che crea una sorta di Borsa Valori delle idee e dei concept dove i componenti della community possono acquistare e vendere virtualmente azioni delle idee in valutazione. La piattaforma, in funzione della domanda e dell’offerta, forma il prezzo delle azioni di ogni singola idea. Naturalmente quanto più l’idea procede fino alla realizzazione ed all’operatività economica, tanto più chi vi ha investito i propri crediti li vede aumentare. I membri della community o del team che accumulano maggiori crediti ricevono dei benefit e si qualificano automaticamente come l’elite dei migliori valutatori.
- Modulo di project management. Questo quarto modulo gestisce i concept giudicati migliori e che quindi vengono dotati dal management aziendale di un budget per la loro realizzazione e per il lancio. Anche in questo caso la piattaforma Hype consente, in maniera semplice e accessibile, in modalità multi-device, la definizione degli obiettivi di tempo, di costo e di risultato. Il team di progetto utilizza questo modulo per gestire efficacemente la realizzazione dei concept migliori, sia che si tratti di uno sviluppo totalmente interno, sia che si tratti di una partnership esterna.
- Modulo di reporting. Questo modulo infine produce una serie ampia di report destinati sia al management aziendale sia alla comunità finanziaria. I report evidenziano i livelli di realizzazione, il rispetto degli obiettivi, la popolazione della pipeline di sviluppo, ma anche parametri più classici come il ritorno sugli investimenti dei business economicamente operativi.
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