Customer Satisfaction, verità o bugie?
Negli ultimi anni tutte le grandi aziende hanno messo in piedi sistemi sofisticati per una rilevazione regolare ed estensiva della Customer Satisfaction. Gli indici di CS sono stati integrati nei sistemi incentivanti e vengono considerati un benchmark in molte occasioni. Ma sono davvero affidabili? Modelli opachi e subappalti nelle rilevazioni spesso portano a valori assolutamente lontani dalla realtà. Tuttavia basta poco per avere un bollino di qualità sulla propria Customer Satisfaction Avere clienti soddisfatti e fedeli è la base essenziale per costruire un vantaggio competitivo sostenibile. Ma se le cose stanno davvero così allora è essenziale disporre di un monitoraggio costante del grado di soddisfazione della propria base clienti. Un indice aggregato tuttavia serve a poco, è quindi necessario misurare la soddisfazione su diversi momenti della customer experience: in filiale, al customer care, sui prodotti, sull’assistenza. Ma a questo punto ancora più importante diventa disporre di un sistema di relazione causa-effetto sui driver della soddisfazione, perché a nulla serve sapere che la soddisfazione dei nostri clienti in filiale è bassa se non ne conosciamo le cause. E’ la scarsa competenza del front-end o i tempi di attesa a indispettire i clienti? Ma non basta: come varia dal soddisfazione nei diversi segmenti? La clientela affluent è più o meno soddisfatta della clientela small business? E visto che la soddisfazione è alla base della fedeltà e del riacquisto, è sacrosanto inserirla nel sistema incentivante. Così facendo tuttavia abbiamo bisogno di indici di CS regolarmente aggiornati a livello di regione, di area e di filiale.
In definitiva è necessario costruire un modello complesso, che si basa su rilevazioni articolate e, soprattutto, su un numero davvero rilevante di interviste. Sì perché se vogliamo avere una rappresentatività appena decente a livello periferico e su due o tre segmenti, i numeri delle rilevazioni da effettuare periodicamente diventano veramente importanti, soprattutto se siamo in presenza di una banca anche solo di medie dimensioni, di un operatore telefonico, di una compagnia assicurativa, di una compagnia aerea, ferroviaria o di navigazione, o comunque di un’azienda con un gran numero di clienti finali serviti direttamente.
In casi come questi abbiamo trovato facilmente sistemi di rilevazione della Customer Satisfaction che richiedevano decine e in alcuni casi centinaia di migliaia di interviste ogni anno, spesso basate su questionari lunghi e complessi associati, in alcuni casi, a budget a sei zeri per le società di ricerca.
Una volta avviati, tuttavia, questi sistemi di frequente subiscono un processo di trasformazione, lento e quasi impossibile da spiegare, essenzialmente dovuto ai frequenti cambiamenti del fornitore che li gestisce.
Normalmente infatti a progettare e realizzare un modello di rilevazione della CS viene chiamata una società specializzata, con competenze di statistica, marketing e calcolo numerico. Questo primo fornitore realizza e collauda il sistema basandosi su propri modelli e competenze e che si avvale di istituti di ricerca qualificati per le rilevazioni.
Risultato: un budget rilevante che dopo uno o due anni richiama l’attenzione dei controller i quali giustamente suggeriscono alla funzione interessata di procedere tramite gara all’assegnazione delle rilevazioni di CS. Ragionamento peraltro corretto: una volta che il sistema è messo a regime perché pagare un soggetto che si limita a rivendere le interviste acquistate da un istituto di ricerca? Con una gara ben strutturata, condotta fra istituti di ricerca qualificati, un saving di almeno il 30% è assicurato!
Alla gara partecipano istituti di ricerca di qualità, ma è naturale che per vincere la gara, anche gli istituti più qualificati, non essendoci attività di progettazione, ed essendo quello proposto ormai un lavoro di routine, prevedano di subappaltare il field a call center esterni i quali, e qui sta il punto, a loro volta subappaltano le interviste ad altre strutture spesso localizzate nell’Europa dell’est.
I risultati da noi verificati spesso sono drammatici: dal 10 fino al 40% di interviste dichiarate ma non effettuate, un tasso di completamento dei questionari che raramente supera il 60% e un tasso di comprensione dei questionari da parte dei clienti effettivamente intervistati mai superiore al 50%. E gli indicatori che si ottengono concorrono a modificare le retribuzioni del management.
La soluzione c’è, ed è semplice. Nominare un advisor indipendente che periodicamente riveda il modello ed effettui verifiche a campione sugli intervistati, dando, in sostanza, risposta a queste domande:
  • La complessità del modello è giustificata dall’uso che se ne fa in azienda? Come è possibile semplificarlo?
  • Le rilevazioni sono condotte integralmente e correttamente? I clienti hanno risposto consapevolmente?
L’adeguamento della complessità del modello alle reali esigenza dell’azienda porta di regola a risparmi annui che nella nostra esperienza variano fra il 15% e il 30%. Integrando poi contrattualmente la presenza di un advisor che ne monitora il lavoro l’istituto di ricerca sarà costretto a fornire valori più completi e affidabili e, questi, sì realmente utili ad essere incorporati efficacemente nei sistemi di incentivazione aziendali. Il costo dell’advisory infine non incide per più di qualche punto percentuale sul budget del modello di Customer Satisfaction.