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eCommerce,passaporto per lo sviluppo L’eCommerce fa fatica a svilupparsi in Italia, tuttavia questo canale distributivo può realmente rappresentare una leva formidabile di sviluppo per le aziende italiane, a patto però di seguire poche semplici regole Unioncamere identifica in due fattori gli unici driver che potranno aprire alle aziende italiane nei prossimi anni una prospettiva sostenibile di crescita: export ed economie di rete. L’eCommerce per la sua natura di canale distributivo virtuale a costi marginali incrementali quasi nulli, quale che sia l’estensione geografica e l’ampiezza della base prodotti/servizi, è lo strumento ideale per perseguire questi obiettivi e rappresenta quindi, per l’industria italiana, un vero e proprio passaporto per l’export e di conseguenza per uno sviluppo sostenibile. E ciò è vero per tutte le aziende ma è vero in particolar modo per quelle di dimensioni medie e piccole.
In Europa il 57% della popolazione adulta può essere classificata come abituata a effettuare acquisti on-line, per un valore medio annuo pro-capite di 517€ di acquisti effettuati in rete. Tali valori sono tuttavia proprio come la media di Trilussa: se infatti nel Regno Unito circa il 72% della popolazione adulta effettua abitualmente acquisti online, per un valore medio annuo pro-capite di 871€, in Spagna e in Italia è un esiguo 34% della popolazione adulta che utilizza continuativamente il canale dell’eCommerce con una spesa media annua pro-capite che oscilla fra i 250€ e i 270€. In altre parole in Italia, rispetto al Regno Unito, meno della metà della popolazione adulta acquista abitualmente online, per un controvalore pari a meno di un terzo.
Dal lato aziendale la situazione appare speculare, se negli UK otto aziende su dieci utilizzano un modello distributivo ed un sistema di online retail realmente efficaci e adeguati, in Italia soltanto due aziende su dieci possono dirsi effettivamente attrezzate a sostenere la sfida del commercio elettronico su scala internazionale. Probabilmente una circostanza è conseguenza dell’altra. La scarsa adozione dell’eCommerce da parte degli acquirenti italiani porta le aziende italiane a sottovalutarne l’importanza e, soprattutto, le potenzialità, commettendo così, tuttavia, un imperdonabile errore di prospettiva: il mercato dell’online retail per sua natura è globale e non domestico. In altre parole, è proprio e solo il canale elettronico, per la sua natura virtuale, liquida e diffusiva, che più di altri può consentire alle aziende italiane di accedere, agevolmente e a costi contenuti, ai mercati internazionali, anche a quelli meno accessibili fisicamente. Ma paradossalmente proprio questo canale appare come quello meno presidiato dalle nostre aziende, nonostante i nostri prodotti siano fra quelli più desiderati nel mondo.
L’oggetto del desiderio
Abbigliamento, calzature, arredamento, cibi e bevande, queste categorie di prodotti, quando riportano una provenienza anche lontanamente italiana, diventano immediatamente desiderati ed apprezzati in tutto il mondo. Bastano poche cifre relativamente al fenomeno della contraffazione o del cosiddetto italian sounding, per dare una dimensione di quanto i prodotti italiani, almeno quelli appartenenti a queste categorie, siano richiesti e desiderati nel mondo. Negli USA, ad esempio, il consumo di formaggio italiano è autentico solo nel 2% dei casi: per il restante 98% si tratta di imitazioni e falsificazioni ottenute con latte del Wisconsin, dello stato di New York o Californiano. Il Parmigiano Reggiano detiene il record di falsificazione: nove volte su dieci il prodotto è un falso. L'industria del falso made in Italy, includendo anche il fenomeno dell’italian sounding, è cresciuta negli ultimi dieci anni di quasi il 2000% e ha un fatturato globale stimabile in circa 700 miliardi di euro/anno. Una cifra enorme se pensiamo che il fatturato italiano delle aziende dei settori moda e alimentare in Italia supera di poco i 200 miliardi di euro/anno con un export pari a circa 60 miliardi. È un po’ come dire che in giro per il mondo per ogni prodotto veramente italiano ce ne sono più di dieci che si spacciano per tali ma che italiani non sono. Un disastro commerciale che ha molte cause: scarsa informazione degli acquirenti, scarsa capacità di marketing e comunicazione da parte delle nostre aziende ma, soprattutto, scarsa accessibilità dei prodotti italiani.
Il marketing ci insegna difatti che ogni gap di potenziale, ovvero la differenza fra quanto si vende e quanto si potrebbe vendere, è composto a sua volta da tre sotto-gap: il gap di prodotto, il gap di comunicazione ed il gap di distribuzione. Gap di prodotto significa che il prodotto non è adatto al cliente, o perché il cliente non lo apprezza qualitativamente, e generalmente non è questo il caso dei prodotti del made in Italy, o perché il prezzo è eccessivo per le capacità di spesa del cliente, e questo talvolta è possibile. Gap di comunicazione significa che il prodotto andrebbe bene per il cliente ma lui non lo conosce o non ne sa distinguere le caratteristiche, e questo accade molto spesso. Gap di distribuzione, infine, sta a significare che il cliente apprezza il prodotto, ne accetterebbe il prezzo, lo conosce e lo vorrebbe acquistare, ma non ne ha la possibilità perché la struttura distributiva del fornitore non lo raggiunge efficacemente, e questo accade di sovente per i prodotti made in Italy.
Ecco, una struttura efficace di online retail può essere di grande aiuto alle aziende italiane, contribuendo a colmare, in molti casi in maniera determinante, tutte e tre le componenti del gap di potenziale. L’eCommerce impatta positivamente sul gap di prodotto, poiché da un lato contribuisce a tagliare drasticamente i costi di distribuzione riducendo di conseguenza il cosiddetto street price che il cliente finale paga, d’altro lato, rendendo accessibile l’intera gamma d’offerta, consente al cliente di individuare il modello maggiormente adatto alle sue esigenze.
 L’eCommerce impatta in maniera estremamente positiva sul gap di comunicazione, infatti un website ben articolato è il miglior veicolo di comunicazione e informazione sul prodotto e le sue caratteristiche e, quel che più è importante, la piattaforma di eCommerce rappresenta l’approdo necessario e ideale di ogni campagna di viral e buzz marketing e di ogni azione di social marketing. L’eCommerce, infine, impatta in maniera estremamente positiva sul gap di distribuzione poiché permette di realizzare un punto vendita in ogni casa o in ogni ufficio tramite il personal computer, ma anche, e oggi sempre di più, anche in ogni salotto, con il tablet, e in ogni tasca con lo smartphone.
La formula magica
Se rivediamo criticamente le best practices internazionali di grande successo in tema di commercio via internet, primi fra tutti Ebay, iTunes e Amazon possiamo provare a comporre, in otto elementi, l’identikit del sito di eCommerce potenzialmente di successo.
Velocità e facilità di navigazione e scelta. Sembrano spartani e spogli i siti di successo, in realtà sono semplici e rapidi. Pochi filmati, nessuna intro tanto rutilante quanto defatigante, ma viceversa grande attenzione a far sì che l’utilizzatore abituale trovi rapidamente ciò che cerca e che possa agevolmente memorizzare in un suo spazio ciò che sta valutando se e come acquistare. Kiss è la parola d’ordine dei siti eCommerce di successo: Keep It Simple and Speedy.
Assortimento e scelta in logica di portale. Ha successo un sito su cui si torna frequentemente, perché ospita prodotti e servizi ad acquisto ripetuto e perché ospita un assortimento tale da rendere superfluo il browsing su altri siti analoghi. Un sito dove troviamo unicamente prodotti o servizi ad acquisto episodico avvierà molto difficilmente quel processo di familiarizzazione che è alla base di tutti i comportamenti di fedeltà e loyalty.
Prezzi convenienti. La transazione via internet comporta l’accettazione di una serie di rischi, reali o percepiti, a fronte di un unico sicuro vantaggio: il risparmio di tempo. I prezzi medi devono quindi necessariamente essere percepiti come vantaggiosi altrimenti il sito verrà disertato. Agli albori del banking on-line le banche facevano pagare un extra costo per consentire ai propri clienti la possibilità di realizzare on-line le proprie transazioni, cosa che peraltro portava alle banche rilevanti risparmi. Il risultato: per diversi anni le banche on-line rimasero un fenomeno marginale. Oggi le banche on-line costano meno e danno migliori interessi sui depositi.
Sicurezza della transazione. Ogni elemento in più a garanzia di un esito soddisfacente della transazione pesa in maniera determinante sul successo del sito di eCommerce. Una delle chiavi di successo di Paypal quale sistema di pagamento è probabilmente l’efficienza con cui vengono gestite le controversie per transazioni non andate a buon fine. In caso di mancata ricezione dell’oggetto, o di ricezione di oggetto non conforme alla descrizione Paypal provvede a tutelare integralmente l’acquirente rivalendosi poi sul venditore. In questo senso vanno anche le assicurazioni sul trasporto soprattutto nel caso di beni fragili o deperibili.
Tranquillità dell’acquisto. Una clausola di sostituzione incondizionata, come quella applicata da Yoox, può essere di estrema importanza negli acquisti via internet, in modo particolare per chi intende acquistare oggetti, come i  capi di abbigliamento, per i quali è consolidata l’abitudine di effettuare una prova prima di deciderne l’acquisto.
Rapidità, tracciabilità ed economicità della spedizione. La tracciabilità della spedizione e la rapidità nella consegna giocano un ruolo estremamente importante nel creare una reale abitudine al riacquisto ed un passa-parola positivo nei confronti del sito di eCommerce. Un discorso a parte meritano le spese di spedizione, nella percezione dell’acquirente infatti il prezzo di un acquisto on line include anche il costo della spedizione rendendolo, soprattutto per prodotti dal prezzo unitario ridotto, non competitivo in relazione allo stesso acquisto effettuato in forma tradizionale. Sconti sulla spedizione per acquisti oltre una certa cifra e convenzioni specifiche con un corriere espresso possono avere il risultato di incrementare sensibilmente il basket di acquisto migliorando al contempo la soddisfazione dell’acquirente che percepisce come azzerato il costo di spedizione.
Profilatura del cliente e anticipazione delle sue esigenze. Tramite un’accurata segmentazione e con la costruzione, per mezzo di modelli di analisi statistica, di micro-cluster comportamentali è possibile proporre attivamente a ciascun acquirente, al momento dell’atto di acquisto, oggetti o servizi per i quali è elevata la probabilità, in base al micro-gruppo di appartenenza, di un effettivo interesse da parte dello stesso acquirente. Tale attività viene di regola percepita positivamente dagli acquirenti e porta ad un incremento della spesa media unitaria di circa il 14%.
Communities e social marketing. I pareri sull’utilità dei social network in tema di eCommerce sono piuttosto divergenti. Una recente ricerca condotta su di un panel di operatori di eCommerce posiziona i social network all’ultimo posto, per efficacia, fra gli strumenti di acquisizione di nuovi clienti, si noti che lo strumento considerato maggiormente efficace è il posizionamento sponsorizzato nei motori di ricerca. Diverso è il discorso se si parla più correttamente di communities e se l’obiettivo è più l’incremento della customer share rispetto all’acquisizione di nuovi clienti. In questo caso i modelli di network e viral marketing si rivelano sia efficaci, in quanto raggiungono in maniera mirata prospect allineati, per comportamenti di acquisto e sistemi valoriali, con gli attuali clienti, sia efficienti, poiché il costo per contatto e per conversione, ovvero per prospect divenuto acquirente, risulta essere di un ordine di grandezza inferiore rispetto ai media tradizionali.
In altre parole, come è stato già detto, la chiave per il successo di un sito di eCommerce è che sia ideato, progettato e realizzato per essere realmente win-win, per il cliente e per il fornitore. Dove cioè il cliente tragga benefici reali e tangibili fin dalla prima utilizzazione, senza dover profondere eccessivi sforzi di apprendimento e dove il fornitore, o i fornitori che fanno capo al sito ne ricevano effettivamente un beneficio incrementale e sinergico rispetto all’attuale modello distributivo.
Un passaporto per lo sviluppo
Il canale distributivo virtuale sembra quindi fatto su misura per l’industria italiana. Un’industria, la nostra, capace di ideare e realizzare un gran numero di prodotti e servizi fortemente caratterizzati in termini di immagine e molto spesso connotati da un rilevante contenuto aspirazionale, talvolta delle vere e proprie icone dello stile di vita italiano. Un’industria tuttavia che soffre della strutturale incapacità a costruire formule distributive replicabili e vincenti a livello internazionale. È evidente che non sarà l’eCommerce che potrà consentire all’industria italiana di riappropriarsi della leadership nelle catene di pizzerie o di bar-espresso nel mondo, ma anche su questi due casi, anche solo a livello di provocazione, si potrebbe fare qualche interessante riflessione.
In definitiva, in tutto il mondo occidentale, con un ritmo diverso fra nazione e nazione, il commercio elettronico cresce con tassi a due cifre. Ma quel che è più interessante è il fatto che fra i settori dove maggiore è atteso lo sviluppo dell’eCommerce troviamo il turismo, l’abbigliamento con i suoi accessori, le calzature, i prodotti alimentari e i complementi di arredo, proprio le categorie di prodotti e servizi dove la leadership di immagine del made in Italy è ancora molto forte. Con questo canale distributivo è possibile superare agevolmente i limiti strutturali di presenza internazionale dovuti alla dimensione notoriamente ridotta, anche delle nostre grandi aziende. Dell’eCommerce l’industria italiana può giovarsi anche a motivo della straordinaria flessibilità e adattività che questo canale presenta. Senza contare anche il fabbisogno di investimenti sostanzialmente contenuto dell’eCommerce grazie alla quasi totale assenza di infrastrutture fisiche. È necessaria comunque una buona dose di creatività poiché la mera riproposizione in rete dei modelli distributivi fisici ha mostrato di essere perdente e talvolta anche dannosa. È necessario concepire modelli che siano effettivamente win-win per il cliente e per il fornitore, solo così potranno esserci nuovi casi di successo in rete per l’industria italiana, in questa che per molti motivi appare come l’ultima chiamata per avere a basso costo quel passaporto per un solido sviluppo internazionale senza il quale l’Italia si dovrà rassegnare a diventare in tutto una nazione economicamente e competitivamente periferica.
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